La valutazione dello stato d’insolvenza.
Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 21-12-2017, n. 30680
L’art. 15, ultimo comma, della legge fallimentare prevede espressamente che il superamento dell’ammontare minimo dei debiti scaduti e non pagati al quale è subordinata la dichiarazione di fallimento deve risultare dagli atti dell’istruttoria prefallimentare, in tal modo escludendo la possibilità di avvalersi di accertamenti successivi effettuati in sede di verifica dello stato passivo. Tale interpretazione, imposta dal tenore letterale della norma, trova conferma nella relazione ministeriale al D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, la quale evidenzia la funzione deflattiva della norma in esame, volta ad evitare l’apertura di procedure fallimentari nei casi in cui si possa ragionevolmente presumere che i costi delle stesse superino i ricavi distribuibili ai creditori. La relazione sottolinea inoltre come la norma in questione eviti d’interferire con il profilo dell’accertamento dello stato d’insolvenza, quale presupposto oggettivo del fallimento, con ciò intendendo affermare che la sussistenza di una situazione debitoria inferiore ai trentamila euro sfugge ad ogni ulteriore verifica in sede fallimentare, anche in rapporto allo stato d’insolvenza riscontrabile in sede di accertamento dello stato passivo, dovendo essere valutata esclusivamente in sede prefallimentare, ai fini della dichiarazione o meno del fallimento.